Bruno Marabini (Faenza 1921 - Rimini 1996) è stato un medico, scultore, pittore e scrittore italiano. Bruno Marabini si laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Bologna nel 1947, e successivamente si trasferisce a Firenze, affiancando all’impegno scientifico le frequentazioni al “Caffè delle Giubbe Rosse”, dove stringe amicizie con Ardengo Soffici, Ottone Rosai, Mario Luzi, Tommaso Landolfi, Alessandro Parronchi; esperienza che lo farà maturare sotto il profilo dell'attività artistica coltivata sin dall'infanzia.

Le sue intuizioni di uomo di scienza, di scrittore e di artista convergono nell'unico obiettivo di liberare la percettività umana dall'equivoco di un razionalismo di maniera che oggi spesso invade e condiziona l'ambito della creatività.
- Umbro Apollonio

Questa tendenza esistenziale di Bruno Marabini si consolida proprio negli anni fiorentini, anche attraverso la produzione letteraria quali i romanzi “Viceversa", “Io penso che” e “Il Covo delle Lune”. Il fulcro dei suoi scritti si trova nell’analisi della condizione umana, dell'ingannevole misura del tempo, dalla memoria genetica alle persone e agli oggetti umili e perfetti, gli anonimi: ossia tutte le persone passate per questo mondo facendo bene un sacco di cose senza imporre la loro presenza nel futuro.
All'inizio degli anni '60, la morte del padre Luigi lo porta a riflettere sul rapporto azione-tempo, binomio su cui l'esperienza artistica dello stesso padre era basata.
È appunto su tale rapporto e, in ultima analisi, su una concezione “dinamica” dell'opera d'arte che si accentra l'attenzione di Marabini.
Le prime opere del nuovo ciclo creativo, realizzate nel 1965, sono infatti forme “erose”, assi di stalle, pale di vecchi mulini, che recano impressi i segni lasciati dall'uomo dalla natura, e sui quali l'artista interviene determinandone il valore espressivo. Quello che apparentemente può sembrare un parallelismo tra l'attenzione alla natura di Marabini e alcuni aspetti dell'“Arte Povera”, si svela in realtà come un contrasto. Se infatti il “poverismo” si chiude nella denuncia della distanza incolmabile tra l'uomo e la natura, estetizzata quest'ultima nei suoi aspetti primari, Marabini è più attento alla relazione tra i due poli, ponendosi, con il bagaglio di conoscenza derivata dalla sua attività di ricercatore medico-scientifico, in posizione propositiva nel tentativo di conciliare nella propria ricerca i due termini.
Le cinetiche, che inizia ad elaborare dal 1968, segnano un ulteriore passo avanti dell'artista. Il tempo infatti non è più rappresentato dall'erosione della materia, come nelle opere precedenti, ma diventa elemento costitutivo. Le “macchine” che progetta hanno un valore di critica rispetto ai ritmi imposti all'uomo dalla società tecnologica e a certa arte cinetica che li ripropone specularmente. “L’archeologia meccanica primordiale” di Marabini, come l'ha definita Bruno Munari, alimenta il movimento con la semplice forza di gravità, o con la forza muscolare come nelle “Sculture da passeggio”, e tenta l'utopistico accordo tra una tecnologia vagamente “leonardesca” e i ritmi bio-esistenziali dell'uomo. Le sue strutture cinetiche non sono solo un richiamo al passato, o solo congegni già in sé di curiosa bellezza plastica, ma esercitano un potere ipnotico, provocato da concomitanze studiate al millimetro, dall’esattezza e dalla puntualità dei movimenti che producono uno stato di stupefazione fiduciosa, avviando un inizio di riequilibrio e risanamento.
Il legno, per lui, non rappresenta soltanto una materia, ma rappresenta profondamente la giusta ragione di essa, la sua purezza di volontà e la sua cultura. Si incorpora al leitmotiv dei suoi lavori il piacevolissimo dubbio nutrito sulla rivoluzione dei mass media che allora, come oggi, trasformarono a freddo l’ambiente umano, e sottoposero l’uomo ad un nuovo meccanicismo del comportamento nella sfera estetica e antropologica. Sarà l’approfondimento di un simile stato a storicizzare il primo nucleo degli oggetti artistici di Marabini, cui succederà il secondo, di ancor più delicato spessore: quello delle ricerche cinetiche con tendenza al gioco, che trova i suoi apici nelle scultura da passeggio - per il loro invitante senso alla relazione interurbana, alla percezione che incanta il movimento, così fresco e povero rispetto ai difficili modelli d’arte programmata del periodo. I suoi oggetti geniosi, spostabili e commutabili in quanto strutture ambientali, hanno sempre le caratteristiche di una metrica, mai di una serialità.


ESPOSIZIONI

    Fra le principali mostre personali sono da segnalare:

  • 1973
    Galleria Giraldi
    Firenze

  • 1974
    Museo Alvar Aalto
    Jyväskylã (Finlandia)

  • 1976
    Palazzo dei Diamanti
    Ferrara

  • 1978
    Palazzo delle Esposizioni
    Faenza

  • 1979
    Sala dei Passi perduti
    UNESCO, Parigi

  • 1982
    Sala dell'Arengo
    Rimini

  • 1990
    Repubblica di San Marino


  • È inoltre presente con il suo lavoro ne:

  • 1977
    Trentunesima Mostra Internazionale Michetti

  • 1980
    Anabasi: architettura e arte 1960-1980
    a cura di Carmine Benincasa
    Galleria Civica d'Arte Moderna
    Termoli

  • 1980
    Regesto 70 - Percorsi della ricerca artistica
    in Emilia Romagna 1970/1980

    Ente Bolognese Manifestazioni Artistiche
    Bologna

  • 1980
    Biennale di Venezia
    sezione “Il tempo del Museo Venezia”

  • 1982
    Biennale di Venezia
    “Aperto 82”

  • 2023
    Greetings
    Galerie Hussenot
    Parigi


  • SCRITTI

    Ha pubblicato quattro libri:

  • lo penso che (1972)
  • Viceversa (1975)
  • Il covo delle lune (1983)
  • Le varieganti (1989)


  • Hanno scritto di lui, fra gli altri:

    Umbro Apollonio, Giulio Carlo Argan, Dede Auregli, Carmine Benincasa, Luigi Bernardi, Luigi Carluccio, Luca Cesari, Silvio Ceccato, Rosita Copioli, Roberto Coppini, Carlo Gentili, Tonino Guerra, Mario Luzi, Corrado Maltese, Bruno Munari, Alessandro Parronchi, Ennio Pouchard, Pierre Restany, Giorgio Ruggeri, Tommaso Trini, Miklos N. Varga, Marcello Venturoli, Paola Serra Zanetti.